domenica 27 maggio 2018


Quando a Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto si costruivano i carretti


Il carretto costruito a Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto se da un lato presentava forme e dimensioni analoghe a quelle dei carretti costruiti nel resto dell’Isola, dall’altro era sprovvisto di quegli abbellimenti (intagli e variopinte decorazioni pittoriche) che tanto caratterizzavano il tipico “carretto siciliano” costruito, ad esempio, nel catanese o nel palermitano. Era dunque un carretto “povero”, solo eccezionalmente abbellito da qualche accenno d’intaglio - peraltro realizzato da artigiani estranei al personale delle botteghe dei carradori locali -  ed il più delle volte tinteggiato utilizzando soltanto due colori, destinati a ricoprire, rispettivamente, le parti lignee ed i vari ferramenti.


A Milazzo operavano stabilmente due botteghe di maestri carradori (Castellano ed Alosi), impiantate entrambe negli anni Trenta del Novecento da artigiani provenienti da Barcellona Pozzo di Gotto, città che in materia di costruzione e manutenzione di carretti aveva alle spalle una robusta e solida tradizione, al contrario di Milazzo che nel Novecento appunto importò l’arte del carradore dalle botteghe barcellonesi.

Barcellona Pozzo di Gotto, anni Venti. La bottega del maestro carradore Felice Castellano (1872-1932), che davanti al proprio fabbricato di piazza Libertà era intento, insieme ai propri operai, a costruire le ruote di un carretto (gentile concessione del nipote sig. Felice Castellano).

Trasferitosi a Milazzo in contrada Acquaviole, il maestro carradore Francesco Castellano (1900-1970), coadiuvato dal figlio primogenito Felice, nato nel 1927, dal fratello Carmelo, che di tanto in tanto veniva ad aiutarlo dalla vicina Barcellona, e da altri 6-7 familiari, costruiva e riparava carretti realizzando pure i vari ferramenti (assi, balestre, ràndole, scuffìne, circùni, etc.) preparati utilizzando la forgia presente in bottega. «Mio padre imparò l’arte di fabbricare carretti da mio nonno Felice Castellano», ricorda la signora Santina, anziana figlia del maestro Francesco Castellano, che aggiunge: «successivamente, complice la sempre maggiore diffusione dei moderni mezzi di trasporto che assottigliava prepotentemente gli introiti della nostra bottega, decise di impiantare una segheria, abbandonando così il mestiere di carradore».

Tanto Francesco quanto il fratello Carmelo Castellano (1911-1983) impararono l’arte di carradore dal padre Felice, che a Barcellona aveva bottega ‘nto chianu di tri palmari (l’odierna piazza Libertà, attraversata dalla via Ugo di Sant’Onofrio), poi lasciata in eredità al figlio Carmelo che ne proseguì l’attività sino agli anni Sessanta. In questa bottega assisteva quotidianamente alla costruzione e manutenzione di carretti e carrimatti il piccolo Felice (1947), figlio di Carmelo, che attraverso i propri ricordi ha consentito allo scrivente di assaporare il fascino di un’arte straordinaria quale era appunto quella del carradore.

Tutto inizia da un’antica fotografia risalente agli anni Venti e raffigurante la bottega del nonno della nostra fonte, quel maestro Felice Castellano (1872-1932), che davanti al proprio fabbricato di piazza Libertà era intento, insieme ai propri operai, a costruire le ruote di un carretto. In primo luogo si provvedeva a ricavare ‘u miòlu, il mozzo, la parte centrale della ruota, ricavata segando un robusto tronco di noce ed utilizzando successivamente il tornio a pedale.

Dal mozzo si sarebbero diramati i diversi jammòzzi (raggi), preparati adoperando un attrezzo costituito da una lama terminante alle due estremità con altrettanti manici che il carradore, con l’ausilio di un cavalletto (ben visibile nella fotografia e munito di pedaliera), tirava verso il proprio petto. La raspitàgghia (coltello a due manici o a petto), che consentiva così di sgaggiàri il legname sino ad ottenere la forma voluta (nei carretti i jammozzi avrebbero assunto una forma ovale «a mandorla»), era utilizzata nella foto proprio da mastro Felice, il titolare della bottega, raffigurato appunto al cavalletto.

La fotografia, in particolare, mostra un operaio intento a smasciàri (sbozzare), con la tipica ascia del carradore, un tronchetto prelevato da una catasta posta alle sue spalle, tronchetto dal quale avrebbe ricavato un jammozzo grezzo, successivamente rifinito con la raspitàgghia  ed il cavalletto (che serviva a bloccare il raggio durante la lavorazione) ed infine con la punta ‘i puliri, la quale – come una carta vetrata a grana finissima - avrebbe reso ciascuna faccia del raggio medesimo perfettamente liscia.

 Barcellona Pozzo di Gotto, piazza Libertà, 1965 c., retro-bottega del maestro carradore Carmelo Castellano (1911-1983): collocazione del circùni attorno alle curve di una piccola ruota da carromatto. Nella foto è visibile mastro Carmelo, che indossa il basco (gentile concessione sig. Felice Castellano).

Barcellona Pozzo di Gotto, piazza Libertà, 1965 c., retro-bottega del maestro carradore Carmelo Castellano (1911-1983): collocazione del circùni attorno alle curve di una piccola ruota da carromatto (gentile concessione sig. Felice Castellano).

Nell’antica foto scattata davanti al fabbricato che oggi ospita una rivendita di frutta e verdure, si osserva anche la preparazione delle curve. Costruita in legname di noce, così come il mozzo ed i raggi, la curva, terzo componente della ruota, era abbozzata con l’ascia del carradore: successivamente le singole curve venivano sottoposte al lavoro di rifinitura di mastru Felici e dei suoi operai, che provvedevano poi ad assemblarle dando così forma alla circonferenza della ruota medesima.

Ottenuta così la singola ruota - sin qui opera del maestro carradore - era necessario provvedere alla sua ferratura, lavoro quest’ultimo di competenza del mastru ferraru stabilmente alle dipendenze della bottega dello stesso carradore. Due belle fotografie scattate intorno al 1965 nel retro-bottega di Carmelo Castellano mostrano proprio la collocazione del circùni attorno alle curve di una piccola ruota da carromatto. Sono visibili i due cerchi di pietre, in mezzo alle quali veniva adagiato tra il fuoco il circùni, poi collocato rovente per mezzo di apposito utensile (la «cagna») attorno alle curve della ruota. Ben visibili nella foto anche i cati pieni d’acqua, utilizzata per raffreddare il ferro rovente e favorirne la contrazione.

Oggi del maestro Carmelo Castellano rimane un frammento di carretto, una meravigliosa opera in ferro realizzata negli anni Sessanta per il figlio Felice, che la custodisce  gelosamente.

Il maestro Carmelo, così come il fratello Francesco, abbandonò l’attività, non più remunerativa, per dedicarsi alla gestione di una segheria, dove costruiva cassette d’agrumi. 

 Primo ingrandimento della foto riprodotta in alto: operaio intento a smasciàri (sbozzare), con la tipica ascia del carradore, un tronchetto prelevato da una catasta posta alle sue spalle, tronchetto dal quale avrebbe ricavato un jammozzo (raggio) grezzo.



 Secondo ingrandimento: operaio intento a lavorare con l'ascia la curva di una ruota di carretto.


Terzo ingrandimento: cavalletto, munito di pedaliera, utilizzato per bloccare i raggi della ruota di carretto (jammozzi) durante la lavorazione col coltella a petto.


Quarto ingrandimento: si ottiene ‘u miòlu, il mozzo, la parte centrale della ruota, ricavata segando un robusto tronco di noce ed utilizzando successivamente il tornio a pedale.


Quinto ingrandimento: il titolare Felice Castellano al cavalletto.


Cascia di fusu di carretto. Si tratta di un'opera - limitatamente alla parte metallica - del maestro Carmelo Castellano (1911-1983) risalente agli anni Sessanta. E' raffigurato anche il figlio di Carmelo intento a giocare a calcio (gentile concessione sig. Felice Castellano).


Il maestro carradore Francesco Castellano (1900-1970): operò a Milazzo in c.da Acquaviole (gentile concessione sig.ra Santina Castellano).
 
Nel giugno 1993 si occupava dei Castellano l'autorevole Melo Freni, che in gioventù abitava a Barcellona Pozzo di Gotto proprio di fronte l'officina - sita in piazza Libertà - di mastro Felice Castellano. Ne scaturiscono una serie di ricordi suggestivi ed emozionanti sull'affasciante arte del maestro carradore.